Due giorni fa, insieme ad altri, denunciammo in un post che il circolo neofascista “Terra di Padri” avesse organizzato un evento chiamato “100 giorni di governo gialloverde”, con la partecipazione dei parlamentari Stefania Ascari (5 Stelle) e Guglielmo Golinelli (Lega).
La notizia scatenò numerosissime (e giustissime) polemiche sul fatto che rappresentanti del governo avessero accettato di parlare in un luogo che aveva visto la partecipazione di gruppi neonazisti, band incitanti a massacri etnici e fascisti ed ex terroristi appartenenti agli ambienti dell’eversione e dello stragismo nero.
Attualmente la on. Ascari ha annunciato, sulla nostra pagina, di aver rifiutato la partecipazione all’evento. Nonostante ciò il covo di Via Nicolò Biondo non ha né cancellato né corretto le informazioni date sui suoi social fino ad oggi [5/09/18].
Terra dei Padri è stata costituita proprio con lo scopo di essere un crocevia in cui si incontrassero le destre più radicali con quelle istituzionali, in modo da costruire una grammatica comune attraverso i numerosi eventi “culturali” e le “discussioni”, così che la visione degli intellettuali fascisti diventasse anche quella dei governanti (vedasi Salvini che parla di “sostituzione etnica”, “prima gli italiani” etc etc).
L’interesse che organizzazioni fasciste hanno verso le “basi” di partiti come i 5 Stelle e di molteplici realtà associative, sportive, locali, deve però farci riflettere.
Non è un discorso irrealistico che vuole dipingere -per esempio- i grillini come una base rivoluzionaria tratta in inganno (quel treno è ormai passato da tempo), ma ribadire che denunciare le contiguità fra rappresentati politici e destre non è una scusa per un atteggiamento settario.
È facile, e anche comprensibile, infuriarsi e etichettare i “grillini” come fascisti per l’evento a Terra dei Padri. E in alcuni casi si ha pure ragione. Ma dimenticarsi che la maggior parte delle persone non ha votato il partito di Di Maio (personaggio agghiacciante, come tutto il suo entourage) per motivi reazionari, ma per cercare una soluzione ad una domanda che non si lasciava capire, è un autogol.
È facile, e anche comprensibile, arrabbiarsi perché le persone non se la prendono con gli amministratori di Trenitalia se i regionali cadono a pezzi e il biglietto ha costi esorbitanti, ma lo facciano con i “rom e gli immigrati” che non pagano il biglietto”.
Ma bisogna chiedersi quando e come abbiamo cercato di fare delle lotte sul caro-trasporti e poi moltiplicare questa domanda per la precarizzazione del lavoro e le leggi anti-sindacali, per la distruzione di ogni forma di welfare, per l’aumento del costo della vita, per l’allungamento dell’età pensionabile, per l’abbandono e la desertificazione di periferie e province, per un’alleanza di classe fra lavoratori e famiglie con giovani e studenti, fra proletariato bianco, maschio, cis-etero e quello femminile, lgbtq+ e immigrato.
Rinchiudersi nelle proprie rocche a sputare su quello che c’è sotto semplicemente non è una soluzione. E c’è un disperato bisogno di soluzioni perché sono tempi di disorientamento.
Si tratta di segnare una linea etica oltre cui non siamo mai disposti ad andare, con la coscienza che tutto quello che c’è prima, però, è responsabilità nostra.