Con grande piacere condividiamo l’ #APPELLO elaborato congiuntamente da tutte le realtà organizzatrici dell’AntifaFest 2.0 – Nuovi immaginari, linguaggi e pratiche antifa.
L’invito è rivolto a tutti i collettivi, spazi sociali, realtà e persone, che vorranno avere un ruolo proattivo durante la 2 giorni.
COMBATTI LA PAURA – DISTRUGGI IL FASCISMO Antifa Fest II – 2/3 marzo 2019 – c.s.a. Pacì Paciana – Bergamo
Che senso deve assumere l’antifascismo in un’epoca in cui quello che noi definiamo fascismo si è strutturato a livello globale, in tutte le sue sfumature verdi, brune e nere? Che scopi deve darsi un agire antifascista in un mondo in cui il fascismo si è imposto non solo in specifiche organizzazioni politiche, ma nel senso comune diffuso, nel modo di pensare e interpretare le relazioni sociali, nella “società civile” e nell'”opinione pubblica”?
Che pratiche deve attuare l’azione antifascista a fronte di un fascismo che è stato eletto da gran parte di quella composizione di classe a cui storicamente facciamo riferimento, ed è diventato l’atmosfera che si respira nei bar, negli stadi, sui mezzi pubblici, nei quartieri periferici e nelle province dimenticate?
Che senso ha praticare l’antifascismo come progetto politico, in un momento storico in cui c’è uno come Salvini democraticamente eletto alle leve del potere?
Su quali basi teoriche, pratiche ed estetiche deve strutturarsi la rinascita di un nuovo antifascismo adeguato alle sfide che pone il presente?
Come militanti antifascisti provenienti da una molteplicità di realtà dislocate su differenti territori (ma che hanno già provato a confrontarsi durante il primo Antifa Fest di Roma del 13-14 ottobre 2018), vogliamo partire innanzitutto da una chiara e ferma presa di posizione: oggi la questione fascista non è più solo una questione tecnica, legata al semplice impiego della forza, per lo più di strada.
È diventata una questione politica, legata a un’egemonia culturale e sociale prima ancora di essere frutto dell’esercizio di un potere più propriamente politico. È da questo dato che bisogna ripartire nel ripensare la teoria e la prassi dell’antifascismo, la cui crisi crediamo sia connessa alla più complessiva crisi della militanza come prassi organizzata della rottura.
Ripensare l’antifascismo non è un compito facile, soprattutto se consideriamo l’antifascismo del XXI secolo come un’opera tutto sommato incompiuta, magari solo abbozzata; sicuramente da rielaborare sia in senso strategico che tattico.
Tuttavia, per affrontare questa sfida pensiamo sia giusto partire da alcuni limiti che riscontriamo; ad esempio, quando utilizziamo e siamo portati a utilizzare, come riflessi pavloviani, categorie e prassi elaborati in momenti storici differenti da quello attuale, in fasi cioè concretamente superate.
Mentre, al tempo stesso, dovrebbe essere la ricerca di nuovi linguaggi, metodi e prassi, il primo orizzonte a cui tendere per ripensare un antifascismo conflittuale, radicale ma soprattutto efficace. Di questo siamo convinti, seppur nella consapevolezza di dover affrontare una questione né di semplice né di immediata soluzione.
Data per assunta l’egemonia di un discorso fascista a livello culturale e sociale, occorre quindi avere la capacità di incidere sul piano dell’immaginario collettivo.
Serve praticare un antifascismo che sia prima di tutto un antifascismo culturale.
Se la propaganda è l’arma più efficiente dei neofascisti, questo è in virtù del fatto che questi, nel mondo d’oggi, riescono a proporre come antidoto alla frustrazione e all’insicurezza dilagante una forma di vita dai contorni netti e dal sapore ribelle; offrono facili illusioni in cui credere e facili bersagli da attaccare; incidono sulla sfera esistenziale dell’individuo proponendogli una scappatoia dalla solitudine e dall’apatia attraverso una farsa ribellistica che rimanda a tutta una serie di valori vetusti e fallaci ma verniciati di nuovo, perfettamente compatibili col modo di vita neoliberista.
È quindi d’obbligo riscoprire un’incompatibilità antifascista e antagonista a una democrazia fascistizzata, e farne un nostro punto di forza ponendo in essere una postura etica e culturale capace di aggredire culturalmente l’immaginario collettivo, contendendolo alla miseria che attualmente lo assedia.
Quello di cui siamo convinti è che non possa esistere politica rivoluzionaria senza cultura della rivoluzione.
Perciò occorre sviluppare una cornice concettuale che sia capace contemporaneamente di contenere e amplificare le nostre analisi e le nostre pratiche. In modo da renderle immediatamente riconoscibili e apprezzabili, eliminando l’estremismo, che significa andare all’estremo delle cose, e quindi allontanarcisi, a favore della radicalità, che significa andare alla radice delle questioni.
Detto questo, crediamo che per sviluppare questa cornice concettuale sia necessario, in un momento come quello presente, incentivare interlocuzioni altre, incontri con altri mondi, con persone e personalità anche al di fuori del cosiddetto movimento.
Provare quindi ad uscire dall’autoreferenzialità e favorire un incontro tra mondi, senza pretendere di doverci riflettere come in uno specchio in ciò che è altro e diverso da noi. Tentando e ritentando, allo stesso tempo, di superare un antifascismo basato sull’occasionalità del grosso evento isolato o sull’insufficiente leitmotiv dell’“antifascismo quotidiano” praticato dentro il ghetto delle nostre quattro mura.
Quindi smettere di scadere nell’emergenzialità del rincorrere i fascisti sul proprio terreno d’iniziativa: chi rincorre perde sempre, quando non viene logorato. Questo si può fare solo tornando a ragionare stabilmente con prospettive di medio e lungo periodo, una volta elaborato un pensiero strategico collettivo.
Un pensiero capace quindi di sviluppare forme di mutualismo, autorganizzazione e contropotere, radicate nei territori delle metropoli e delle provincie, in grado di comunicare tra loro, ma anche d’intercettare e incanalare il malessere diffuso in un argine resistente a un fascismo che si fa grammatica di governo, nel chiaro segno di un’incompatibilità rivoluzionaria con esso. Del resto, come ci dicevano alcuni amici pochi giorni fa: «Se picchiare un fascista è necessario, rompere la sedia sulla quale è seduto, è indispensabile».
Per fare tutto questo, abbiamo bisogno di mettere in condivisione e a verifica questi ragionamenti, capire come renderli pratiche efficaci, come renderli strumenti condivisi capaci di orientare il lavoro che ciascuno di noi svolge quotidianamente sul campo. Abbiamo quindi bisogno di spazi di confronto aperti e vivaci, fuori da ogni tipo di preconcetto e d’appartenenza precostituita. Infatti, coerentemente con il metodo che abbiamo scelto per l’organizzazione degli incontri, il nostro obiettivo non è quello di creare una nuova area Antifa nel movimento, né l’ennesimo cartello movimentista basato su brevi e passeggere campagne senza incidenza sul reale o, peggio, volto a goffi e sterili slanci egemonici.
Ci interessa piuttosto, dotarci di alcuni strumenti comuni, costruire una sorta di grammatica condivisa che sia in grado, da una parte, di valorizzare e far risuonare tra loro le esperienze locali e particolari, dall’altra, di trasmettere la percezione di una forza comune a dispetto della divisione ma nel rispetto dell’autonomia di ciascuno.
In questo senso, invitiamo le realtà che aderiranno all’Antifa Fest II a discutere e a elaborare internamente un proprio contributo di analisi sui temi proposti da condividere durante le discussioni dell’evento. Il tentativo è quello di mettere in comune dei ragionamenti e di provare a tradurli immediatamente in degli strumenti pratici condivisi.
Per fare questo abbiamo pensato di costruire sulle due giornate un momento di discussione generale, che affronti le tematiche proposte da un punto di vista più teorico-analitico, a cui affiancare dei momenti di discussione più operativi che approfondiscano i singoli temi proposti provando anche a declinarli in prassi.
Crediamo quindi che sia indispensabile, anche a fronte di alcuni ragionamenti usciti dal primo Antifa Fest di Roma, lavorare all’elaborazione e poi alla produzione di qualcosa di concreto che sappia rappresentare una sorta di primo possibile passaggio, per una collaborazione che sappia andare anche oltre l’appuntamento di Bergamo del 2/3 marzo.
Per fare ciò, oltre alla discussione plenaria del sabato pomeriggio, abbiamo pensato di dividere la mattinata di domenica in 3 diversi tavoli tematici, ai quali corrispondono 3 proposte concrete di sviluppo delle tematiche:
1. Nuovi immaginari antifascisti. Sviluppare una discussione sulla ricerca di nuovi linguaggi e strumenti comunicativi per un nuovo immaginario antifascista. Una ricerca che ci permetta di elaborare delle grafiche e degli slogan nella realizzazione di alcuni manifesti, per avviare una prima stagione di “propaganda” antifascista comune, veicolando in modo inedito e capillare un chiaro messaggio antifascista, ma tentando al contempo di sviluppare una comunicazione che sappia stimolare l’immaginazione ed i desideri dei destinatari.
2. Pratica e narrazione: per un linguaggio antifascista comune. Discussione aperta sulle pratiche antifasciste e sulla necessità di ripensarle a partire da un’analisi condivisa riguardo le forme attuali del fascismo. Ragionare sulle modalità con cui raccontare e comunicare le nostre pratiche rendendole più facilmente riconoscibili e condivisibili. A questo proposito, dotarci di uno strumento comune, blog/sito/piattaforma in grado di connettere tra loro le varie esperienze antifasciste locali e di far convergere e risuonare tra loro contenuti, spunti e suggestioni (grafiche, testi, citazioni, slogan, video ecc.); un ambiente di scambio reciproco e costante in cui le varie attitudini politiche e grafiche riescano a convergere ed influenzarsi vicendevolmente e, pertanto, a sviluppare un linguaggio comune.
3. Inchiesta. Elaborare un comune metodo di studio e dotarci di nuovi strumenti d’analisi al passo con le nuove e molteplici facce del fascismo, in tutte le sue declinazioni. Fare questo sforzo tenendo conto al tempo stesso delle modificazioni che nel corso degli anni hanno riguardato il nostro mondo militante in generale e quello antifascista in particolare.
In conclusione, quello che chiediamo alle singole realtà interessate è di contribuire attivamente alla costruzione delle discussioni, prima di prender parte all’incontro di marzo. Attraverso la condivisione di testi, il racconto di esperienze riuscite, di pratiche efficaci e di percorsi simili già in atto… ma soprattutto ciò che può sembrare utile a sviluppare le tematiche generali individuate. Tutto questo allo scopo di alimentare e condividere un discorso già parzialmente avanzato, elaborato collettivamente nelle varie assemblee territoriali prima dell’Antifa Fest II, e ragionato anche nella sua parte operativa.
Quello che c’interessa quindi, è condividere un piano di “elaborazione e costruzione comune con”, piuttosto che organizzare qualcosa di “fatto e finito per”, chi verrà a Bergamo il 2/3 marzo. È con questa voglia di metterci in discussione che immaginiamo la militanza antifascista. È da queste proposte che vogliamo partire per affrontare i gravi problemi del presente.
«Al Fascismo no se le discute, se le destruye» (Buenaventura Durruti)
Per info, materiali e adesioni scrivi a combattilapaura@inventati.org
Link evento ANTIFA FEST II / 2-3 marzo a Pacì Paciana: https://www.facebook.com/events/2076860379096443/permalink/2088713044577843/