Sulle foibe e per non cadere nel revisionismo storico

Le foibe sono caverne ed aperture carsiche a forma di imbuto rovesciato presenti principalmente nel terreno dell’Altopiano Carsico.

Per poter analizzare i fatti degli anni ’40 legati alle foibe bisogna guardare la storia che ha preceduto questi anni.

Nel 1866 il Regno D’Italia espanse i propri confini fino ad inglobare il Friuli ex-veneziano, dov’era presente una non trascurabile componente slava. Il Regno puntò quindi all’italianizzazione obbligata e forzata di questa popolazione, incurante di cultura e tradizioni proprie del luogo. In seguito alla prima guerra mondiale, si continuò l’accanimento contro l’etnia slava presente sul territorio italiano tramite espropri ed internamenti accusando gli individui facenti parte della stessa di essere “austricanti” (fedeli al vecchio governo asburgico). Nel luglio 1920 iniziò una forte persecuzione da parte degli squadristi fascisti nei confronti degli slavi, che culminò nell’incendio nella casa del popolo degli sloveni. La componente ideologica anti-slava che si era creata era così forte che gli scioperanti della rivolta di San Giacomo del 1920 vennero accusati di essere agenti jugoslavi. Nell’Italia fascista l’accanimento si perpetrò in maniera superiore rispetto agli anni precedenti. Vennero italianizzati forzatamente toponimi e cognomi, chiuse le scuole slave, venne vietato parlare, scrivere e cantare in lingua slava.

Quando si parla di foibe, ci si riferisce a due momenti: il settembre 1943 ed il periodo tra maggio e giugno 1945.

Nel settembre 1943, basandosi su documenti storici dell’epoca, come la relazione Cordovado, dopo l’armistizio firmato con gli Alleati, i militari italiani furono lasciati soli ai vertici dell’esercito. A causa di questa debolezza, i militari consegnarono le armi alle prime pressioni delle formazioni partigiane, che presero rapidamente il controllo di svariate zone istriane. In questo periodo vennero infoibati circa 300 individui compromessi col regime fascista. Alla fine di settembre, i nazisti ripresero il controllo della regione, utilizzando metodi come il bombardamento a bassa quota dei centri abitati e l’uccisione di chiunque non sapesse giustificare in lingua tedesca la sua presenza in strada, causando più di 3.000 vittime. Dopo la riconquista i nazisti cominciarono a strumentalizzare le foibe al fine di dipingere i partigiani come pericolosi per la popolazione civile e mostrare il potere nazista come difensore della stessa. Questa macchinazione venne attuata tramite la pubblicazione di articoli, pubblicazioni e foto truculente di cadaveri semidecomposti di soggetti infoibati. Da ciò si può evincere chi realmente mise a ferro e fuoco l’Istria nel 1943.

Il 1° maggio 1945 l’armata di Tito entrò a Trieste. Nel periodo seguente, vennero eliminati elementi che avevano sostenuto la vecchia monarchia jugoslava, i collaborazionisti, i sostenitori attivi del regime nazifascista ed individui come i componenti CLN triestino (il quale si era staccato dal CLN Alta Italia poiché quest’ultimo aveva contatti coi partigiani slavi, mentre quello triestino era percorso da forti sentimenti antislavi). Fu appunto il CLN triestino a continuare il mito nazifascista delle foibe fornendo false notizie ai comandi alleati. A perpetrarlo fu lo Stato italiano nell’immediato dopoguerra che, alla richiesta di consegna dei criminali di guerra italiani alla Jugoslavia fatta dagli Alleati, si impegnò per 3 anni ad eludere la richiesta ed a compilare una contro-lista di nominativi di criminali di guerra jugoslavi in cui figurava al primo posto il maresciallo Tito. La fondatezza della lista e della storia montata sulla questione delle foibe era tale che gli Alleati minacciarono l’Italia di venirsi a prendere loro stessi i criminali di guerra italiani.

Un’altra questione che viene spesso sollevata è quella dell’esodo istriano per scappare dalle foibe. L’esodo istriano fu un fenomeno che fece la sua comparsa in Istria nell’immediato dopoguerra per durare oltre un decennio. Non è quindi ascrivibile nella cerchia delle fughe improvvisate per fuggire da un pericolo incombente. L’unica fuga di questo genere fu “l’ondata nera” (terminata prima del 1945) nella quale militari, fascisti ed altre persone compromesse a causa dei legami col fascismo fuggirono per evitare di essere realmente infoibate.

Si può quindi definire ciò che è accaduto “pulizia etnica”? Se si fosse trattato di pulizia etnica, si sarebbero rinvenuti corpi di bambini; ciò non è accaduto, nonostante si faccia spesso riferimento alla “relazione Chelleri” per dimostrare il contrario, ma lo stesso Chelleri (comitato di liberazione nazionale di Isola d’Istria) negò di averla mai scritta.
In conclusione vi è da ribadire che ciò che ha creato i presupposti perché questo accadesse sono state le politiche razziste messe in atto contro gli slavi. È da sottolinearsi, inoltre, fatta eccezione per chi ha a cuore ridicole strumentalizzazioni storiche, che dovrebbe essere scontato che riportare ciò che nella realtà furono questi avvenimenti legati alle foibe non significa “avercela con gli italiani”. Non è possibile guardare retrospettivamente episodi storici per sostenere una tesi non comprovata da fonti valide che ne rimuove il fattore ideologico per sostituirlo con un supposto fattore etnico.

La narrazione dei fatti non deve in alcun modo essere un mezzo per giustificare prese di posizione pregne di nazionalismo, poiché chi per prima utilizza la mistificazione della storia e costruisce il mito di un’Italia perennemente “vittima” e che non ha mai avuto il posto che le spetta nel mondo è la destra fascista.