Macerata: il punto di non ritorno

A quattro giorni da un attentato terroristico di matrice fascista e razzista, che poteva costare la vita a 11 persone, le autorità dello Stato autorizzano comizi pubblici ai leader di Forza Nuova e Casapound, Roberto Fiore e Simone Di Stefano, concedendo spazi a quei soggetti politici da cui proveniva chi ha compiuto quell’attentato. È questa la risposta politica delle istituzioni al pogrom mancato.

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A Macerata un unico movente: Luca Traini è un fascista

Macerata.

Dopo l’orrendo delitto di una giovane ragazza, commesso secondo gli investigatori da uno spacciatore nigeriano, una 147 nera si aggira per le strade della città. A un certo punto rallenta, e si accosta a fianco di un gruppo di persone sul marciapiede. Il finestrino si abbassa. Dall’interno partono colpi di pistola sulla gente inerme. La macchina se ne va, lasciando corpi a terra e il marciapiede ricoperto di sangue.

La scena si ripete in altre strade: la macchina arriva, il conducente spara sulla folla, e riparte, continuando la sua corsa assassina. Sono 7 i feriti, alcuni in gravi condizioni. Una morsa di panico stringe la popolazione di Macerata: è in corso un attentato terroristico. Le modalità sembrano quelle dei lupi solitari dell’ISIS, anche se, andando indietro con la memoria, ricordano quelle della Uno Bianca. Dopo tanti allarmismi alla fine è successo: il terrorismo è arrivato in Italia, ha sparato sulla folla, colpendo inermi e innocenti nel mucchio.

Le vittime, però, si viene a sapere che sono tutti immigrati. Africani. Di pelle nera. Con la colpa di avere il colore sbagliato e risiedere nel quartiere dove è avvenuto giorni prima il fatto di sangue, subito morbosamente ripreso dai media nazionali e sfruttato come argomento della campagna elettorale xenofoba di tutti i partiti “dalla parte della gente”.
La città è bloccata, le forze dell’ordine sono all’inseguimento della 147 nera. Quando il terrorista viene finalmente braccato vicino al monumento ai caduti, scende dall’auto con una bandiera italiana sulle spalle, urla “Viva l’Italia” e fa il saluto romano ai poliziotti, prima di essere fermato.

È Luca Traini, 28 anni, una runa nazista tatuata in testa e candidato della Lega di Salvini alle amministrative di Corridonia del 2017, simpatizzante del famoso «movimento vitale e pulito» di Casapound sponsorizzato da Enrico Mentana e Corrado Formigli.

Luca Traini è un fascista. È quello che Salvini e la Meloni chiamano “una persona perbene” o un “cittadino esasperato”. Oggi Forza Nuova, battendo sul tempo Casapound, lo chiama patriota e ne rivendica il gesto terrorista. Potrebbe essere il tipico frequentatore di Terra dei Padri, se abitasse a Modena: ha il profilo esatto dell’ “identitario non conforme”. Un difensore della “razza bianca” – come direbbe moderatamente qualsiasi candidato della Lega, di Fratelli d’Italia, di Casapound o Forza Nuova – contro il “mondialismo”, la “sostituzione etnica”, “l’invasione”. Un tipico “italiano stanco”, insomma, secondo le giustificazioni che politica e media sistematicamente danno a episodi di razzismo, discriminazione e violenza conclamati. Stanno già da ora provando a minimizzare, a impostare la cornice del discorso sul “gesto di un folle”, sul problema dell’“invasione pianicata”, andando a inventarsi persino un infame nesso “passionale” con l’omicidio di Pamela Mastropietro. Non si fa accenno che si tratti di vero e proprio terrorismo politico.

Ma davvero c’è chi si stupisce di quello che è successo a Macerata? Pensavano che coltivare xenofobia e fomentare razzismo quotidianamente, farli passare come “opinioni come le altre”, per avere più ascolti o raggranellare qualche voto in più, invitare ogni giorno i fascisti in televisione, coccolarli in presa diretta, sdoganarli pubblicamente, legittimarli politicamente, autorizzarne sedi, adunate, comizi e cortei nelle piazze, minimizzarne la pericolosità e riabilitarne la storia – tanto per restare in tema di “foibe” e “giornata del ricordo” – in nome del «confronto democratico», avrebbe comportato qualcosa di diverso?

Non è follia; non è esasperazione: è terrorismo di stampo razziale e fascista, politicamente motivato e culturalmente giustificato dal clima d’odio xenofobo e nazionalista che si respira ogni giorno. «Ma è il 2018! Ancora a parlare di fascismo e antifascismo? Siete ossessionati! Il fascismo è roba del passato! E in fondo son bravi ragazzi che danno la pasta agli italiani! Non è razzismo, è la gente che è stanca! Sono quattro gatti, ignorateli!» Peccato che siano i fascisti e i razzisti a non ignorare le loro vittime: immigrati, donne, sindacalisti, operai che lottano, studenti antirazzisti, militanti antifascisti. Chiunque si frapponga ai loro progetti infami.

I fascisti seminano odio e terrore, e uccidono da sempre. Le aggressioni di questa matrice sono quotidiane.

Vanno avanti da anni e anni, in un’escalation sempre più violenta e impunita. In molte si è sfiorato il morto, come a Cremona nel 2015, quando sessanta esponenti di Casapound armati di mazze hanno ridotto in coma Emilio Visigalli. In altre i morti ammazzati ci sono stati eccome: Davide Cesare nel 2003 a Milano, Renato Biagetti a Focene nel 2006, Nicola Tommasoli a Verona nel 2008, Samb Modou e Diop Mor a Firenze nel 2011, Ciro Esposito nel 2014, Emmanuel Chidi Namdi a Fermo nel 2016, Anna Carusone a Caserta, poche settimane fa.
I fatti di Macerata non ci stupiscono affatto. Sono la normale conseguenza del veleno razzista che ha inquinato i pozzi della rabbia e dell’insofferenza diffusa, del clima d’odio fabbricato da sciacalli in cerca di voti o ascolti e respirato in Italia dagli impoveriti e dagli incazzati; sono l’inevitabile risultato della normalizzazione del fascismo – dalla sua patina democratica in giacca e cravatta alle cacce all’immigrato per le strade – in tutte le sue forme all’interno delle istituzioni e della società; è la coerente conclusione dell’indifferenza di tutti coloro che hanno preferito girarsi dall’altra parte quando, nel loro piccolo, potevano fare qualcosa per rifiutare attivamente tutto ciò. La storia degli anni Trenta del Novecento non ha insegnato niente.

Ci stringiamo a tutte le persone ferite, a chi sta lottando per la vita, a chi ha un proprio affetto all’ospedale, a chi è terrorizzato. Non siete soli.
I fatti di Macerata hanno dei precisi “mandanti”, e noi sappiamo chi sono. Sono quelli da cui ci sentiamo dire, ogni giorno, che gli immigrati non scappano dalla guerra, ma che ce la portano. Oggi è stata l’ennesima dimostrazione che la guerra, come sempre, è portata dai fascisti, dai razzisti e dai loro padroni che li proteggono.

Vanno fermati. E non sarà con i buoni sentimenti che tutto ciò sarà fermato. Di questo occorre prendere coscienza.