I Gap erano nuclei di partigiani clandestini composti da 3 o 4 uomini creati per la guerriglia urbana antifascista e antinazista nelle grandi città, combattuta anche nelle sue forme più “estreme” come l’uccisione di esponenti della Rsi e di ufficiali nazisti oltre che di collaborazionisti e delatori. Proprio per la loro particolare attività, i Gap erano strutturati come rigorosamente isolati e separati dal resto delle altre organizzazioni della Resistenza e composti solo da elementi legati e formati nel Partito comunista clandestino. Gli stessi gappisti erano in contatto solamente con i componenti della loro piccola squadra e ne conoscevano solo i nomi di battaglia.
Tra la fine di settembre e l’ottobre del 1943 prese corpo la resistenza attiva al nazifascismo nell’intento di “agire subito” e non aspettare dei “salvatori” da fuori, scegliendo come terreno di scontro le principali città del centro nord e in particolare la regione emiliano-romagnola, con attentati, sabotaggi a linee elettriche e di comunicazione (soprattutto ferroviarie) oltre che uccisioni mirate di ufficiali tedeschi e fascisti. L’intento del Partito comunista era quello di rompere l’attendismo e la paura che attanagliava le restanti formazioni dei partiti antifascisti, creando un’avanguardia altamente preparata e motivata che, oltre a spezzare l’atteggiamento passivo di parte della società, mettesse in luce la vulnerabilità del nemico nazifascista che fino ad allora sembrava non temere ripercussionei alle proprie barbarie. Questo compito fu affidato ai Gap, i Gruppi di azione patriottica.
In molti casi i primi organizzatori e dirigenti gappisti avevano iniziato la loro attività antifascista negli anni ’30 combattendo nella guerra civile spagnola nelle Brigate internazionali contro le armate fasciste di Franco o nei gruppi guerriglieri in Francia o formatisi in reparti speciali (sabotatori o paracadutisti). L’altra specificità dei gappisti era la loro estrazione sociale quasi esclusivamente operaia, ad eccezione dell’Emilia Romagna dove, anche grazie alla storia delle nostre terre, vedeva una forte componente contadina. Alle soglie dell’inverno del ’43 le imprese dei Gap ebbero effetti immediati, diffondendo alle masse popolari gli echi della lotta armata al nazifascismo e avvertendole delle capacità dei resistenti di colpire il nemico in ogni momento e luogo, anche il più protetto.
Il gappismo emiliano, e in particolare quello modenese, ebbe caratteristiche totalmente diverse dalla lotta in montagna e dalle altre esperienze italiane di guerriglia urbana (come quelle di Milano, Torino, Roma, Genova, Firenze). Infatti il territorio non si sviluppava su un grande centro urbano, non aveva concentrazioni industriali e una classe operaia paragonabili a quelle delle città del nord, ed era ancora imperniato sulla centralità della campagna e dell’agricoltura, quindi sulla preponderanza di lavoratori contadini, braccianti, mezzadri, operai della terra stagionali e precari. Tutto questo provocava difficoltà ad applicare il modello di gappismo raccontato dal comandante Visone (Giovanni Pesce) nelle memorabili pagine di “Senza Tregua”.
Tuttavia, proprio per questo, il gappismo modenese ed emiliano ebbe uno sviluppo inedita e una crescita di massa grazie al suo “uscire dalla città”, al suo rapporto con un territorio vasto, alla sua mobilità nelle campagne, alla sua partecipazione popolare, e all’intreccciarsi indissolubilmente con le rivendicazioni, con le istanze materiali e con la difesa delle popolazioni autoctone della pianura. La lotta antifascista si fondeva infatti alla lotta di classe e alle braci ancora attive di quella guerra civile combattuta tra 1919 e 1922 nelle campagne tra movimento bracciantile e grandi possidenti agrari, che lo squadrismo fascista aveva soffocato nel sangue.
Lotta di massa, partecipazione dal basso, penetrazione capillare nella società, guerriglia diffusa nelle campagne, solidarietà e complicità popolare, contropotere territoriale: sono solo alcune delle caratteristiche che rendono l’esperienza del gappismo modenese e della 65a Brigata Gap “Walter Tabacchi” unica nel suo genere, in grado di sopportare un’estenuante guerra contro le forze di occupazione naziste e sconfiggere le barbarie delle infami camicie nere repubblichine fino all’aprile 1945.
Nei prossimi giorni racconteremo alcune delle gesta e delle azioni dei Gap modenesi, che verranno narrate e approfondite sabato 21 aprile da Chiara Lusuardi a Ribelli! L’antifascismo tra GAP modenesi ed emigrati emiliani, durante la presentazione del suo bel libro “Gappisti di pianura. La 65a Brigata GAP Walter Tabacchi a Modena 1944-1945” (Mimesis edizioni).
La nostra storia è una storia di Resistenza! #ANTIFA
[Nella foto la prima formazione Gap modenese, nata nel quartiere Crocetta]