Sabato 10/02 alcun compagn erano a Piacenza per manifestare il proprio rifiuto verso l’apertura della sede locale di Casapound e verso il fascismo.
Gli antifascisti e le antifasciste hanno mostrato con determinazione al sindaco, al questore e alla città intera che la presenza dei neofascisti in città avrà il suo costo, che la tolleranza e complicità delle amministrazioni comunali verso questi soggetti ha delle ripercussioni e che parte del tessuto sociale che si rivede nei valori della resistenza e dell’antifascismo ha preso atto che non si può delegare l’antifascismo a nessuna istituzione.
A fronte di qualche lieve sbavatura tecnica rispetto all’autotutela dei compagni e delle compagne, vogliamo sottolineare alcuni punti molto significativi della mobilitazione di sabato:
- il corteo è riuscito più volte ad aggirare il dispositivo poliziesco prendendosi le strade e vanificando l’intento dei tutori dell’ordine di produrre un’inoffensiva passeggiata famigliare completamente sotto il loro controllo. Una parata gioiosa, ma anche rabbiosa e determinata in piena opposizione alle marce funebri di PD, CGIL ed ANPI;
- la volontà di evitare l’approccio frontale verso l’apparato poliziesco nei momenti più svantaggiosi ma potenzialmente più spettacolari ha premiato. Lo scontro c’è stato quando ha avuto tatticamente senso, quando c’è stata la volontà di vincerlo, quando ci si è immaginato cosa si sarebbe fatto dopo averlo vinto e quando ci si è dotati dei mezzi giusti perché fosse efficace. E per questo è stato vinto;
- le migliaia di persone che hanno preso parte ed animato il corteo antifascista piacentino hanno accettato e supportato la presenza delle tattiche di black bloc all’interno del corteo: questo è il segno che nell’ultimo periodo, e non solo dopo i gravissimi fatti di macerata, gli antifascisti e le antifasciste sono disponibili al conflitto o quantomeno a prendere parte a mobilitazioni in grado di esprimere un conflitto reale e che cercano di praticare obiettivi. Di questo va preso atto. Difatti allo scoppio dei tafferugli il corteo non solo non si è rimpicciolito, ma ha urlato più forte il proprio disprezzo per il fascismo. Quando con la spinta e scacciando i carabinieri il corteo ha conquistato il centro della città e le vie dello shopping, molta gente si è unita alla festa;
- allo stesso modo i lavoratori immigrati presenti in piazza hanno sfruttato la possibilità di un corteo antirazzista animando vivacemente il corteo. Sanno bene di essere, insieme alle persone LGBT, ai e alle sindacalist e rivoluzionar, i primi obiettivi della violenza fascista;
- dei fascisti, che a parole smuovono montagne ma nei fatti sono solo quattro cialtroni, non si è sentito nemmeno l’eco provenire dalle foibe.
Dobbiamo ricordarci che i fascisti non sono tanti quanto i media vogliono lasciare intendere (a beneficio dei governi di centrosinistra che raccolgono voti ponendosi mediaticamente come “unico argine al fascismo”). Allo stesso modo sappiamo però che esiste un sentire generalizzato fascisteggiante che permette loro di esistere e crescere nelle province e nelle città.
Se fino a poco tempo fa esisteva una dicotomia tra azione politica rivoluzionaria che cercava di gettare le basi per un sentire comune diverso e antifascismo come battaglia di retroguardia atta più che altro a prevenire fenomeni squadristici, oggi l’antifascismo è già una battaglia rivoluzionaria, sia per via delle mutate condizioni storiche che vedono riemergere il fascismo come fenomeno socio-culturale ed elettorale in tutto il mondo occidentale, sia per variegata composizione etnica del proletariato a cui ci rivolgiamo da rivoluzionari e rivoluzionarie.
To be continued…