Dopo mesi di combattimenti estenuanti in cui le brigate partigiane di montagna e di pianura hanno costretto fascisti e tedeschi sempre più sulla difensiva, costruito un movimento antifascista di massa e resistito alle sanguinose repressioni nazifasciste, scatta l’ora dell’insurrezione.
Le azioni per la liberazione di Modena iniziano nelle prime ore del mattino. I tedeschi riescono a far saltare la centrale telefonica alle quattro, ma alle sei alcuni reparti partigiani occupano la questura, le carceri, il municipio e la Banca d’Italia, mentre partigiani provenienti da Nonantola e Castelfranco Emilia occupano l’incrocio tra via Ciro Menotti e la Nonantolana. Avvicinandosi al centro i guerriglieri antifascisti si dividono in tre colonne e sostengono combattimenti nei pressi dei Giardini pubblici e delle scuole De Amicis. Intanto a sud della città alcuni reparti proteggono l’acquedotto dalla distruzione tedesca e ne catturano il comandante del presidio di Modena. A mezzogiorno i combattimenti tra partigiani e nazifascisti continuano nella zona di Piazza Matteotti e via Ganaceto. Intanto i combattenti per la libertà hanno circondato l’Accademia militare, impedendo i tentativi di fuga del presidio tedesco, e occupata il palazzo littorio, sede del Partito fascista. Nel pomeriggio il presidio tedesco dell’Accademia si arrende, tuttavia i combattimenti strada per strada, in particolare tra via Ciro Menotti e la via Emilia, finiranno solo a sera.
Centinaia di modenesi – con un grande apporto e protagonismo delle donne – per tutta la giornata si riversano in strada a sostenere i partigiani, pagando per la libertà un caro prezzo: dei 45 caduti nei combattimenti di quel giorno, metà saranno civili.
22 aprile 1945. Finalmente Modena era libera, prima città del Nord a essersi liberata autonomamente con le sole forze partigiane e dell’insurrezione popolare prima dell’arrivo degli angloamericani.
Ma era anche la data di inizio di un’altra lotta, forse più dura: quella per la ricostruzione, quella per una società più giusta, equa e libera dall’oppressione. Un oppressione che aveva solo cambiato casacca…
Con questa vogliamo ricordare e rendere onore a tutti gli antifascisti e le antifasciste, che prima di tutto hanno combattuto l’indifferenza e la rassegnazione del loro tempo, mostrando che insieme le cose possono essere cambiate: il loro esempio vive ancora oggi, la loro lotta non è ancora finita. Oggi la stessa battaglia di allora continua. Mai come oggi la Resistenza collettiva contro nuove e vecchie forme di fascismo diventa una necessità, a cui ognuno di noi, nel suo piccolo, può e deve dare un contribuito di solidarietà, sostegno, attivazione, partecipazione. «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza»
Nella memoria, l’esempio. Nella lotta, la pratica.
Antifascismo militante, nessuna memoria condivisa!
[In foto: gappisti della brigata “Walter Tabacchi” e giovani partigiane modenesi nel giorno della Liberazione.]