Maranello: sfregiata la targa in memoria di Demos Malavasi

Da tempo documentiamo e denunciamo pubblicamente, attraverso inchieste e controinformazione, come le attività e le provocazioni nazifasciste nella provincia di Modena siano in aumento esponenziale. Varie organizzazioni come Forza Nuova, Casapound, Veneto Fronte Skinhead, Lealtà Azione, Generazione e Azione Identitaria operano nel nostro territorio, dalla Bassa a Sassuolo, da Carpi a Vignola. Da quando i fascisti hanno una sede a Modena (che definiscono “circolo culturale”) dove riunirsi, organizzarsi, fare iniziative, le loro spregevoli azioni si sono fatte sempre meno scrupoli. Ronde, marce dell’orgoglio razziale, intimidazioni squadriste, commemorazioni del fascismo, il tutto nella completa impunità e copertura da parte delle autorità politiche e istituzionali.

Questo è lo sfregio insieme ai segni del fuoco, di cui è chiara la provenienza, che “ignoti” – chissà, forse gli stessi interessati alle “iniziative culturali” di quel noto circolo “identitario” modenese – hanno lasciato sulla targa che ricorda Demos Malavasi a Maranello, antifascista di Novi e primo caduto della Resistenza modenese, qui assassinato nella notte tra l’8 e il 9 settembre 1943. Non paghi, i vili autori hanno bruciato i fiori posti alla base della stele.

Di fronte a ciò, a noi interessa in questo momento ricordare quella che fu la vita, il senso di giustizia e la lotta di un ragazzo come noi, che la belva nazifascista ha portato via troppo presto. Una lotta che non è mai venuta meno, neanche oggi.

Demos Malavasi era un operaio comunista. Attivo durante il regime nell’organizzazione clandestina del partito, non aveva ancora vent’anni quando fu arrestato per la prima volta per la sua militanza antifascista. Arrestato una seconda volta nel 1936, la condanna fu ancora più pesante: quattordici anni di prigione. Confinato poi a Ventotene fino al 1943, dopo pochi giorni dal suo ritorno a casa il giovane operaio è richiamato alle armi. L’armistizio dell’8 settembre sorprese così Demos in una caserma di Maranello (oggi gli uffici comunali dove è stato compiuto lo sfregio), dove si trovava un altro antifascista modenese, Mario Ricci, che sarebbe poi stato conosciuto come il leggendario “comandante Armando”.
Intorno alle tre del mattino del 9 settembre un reparto di soldati nazisti, indirizzato lì dalla spiata dei fascisti locali, si presenta al portone della caserma, chiedendo soltanto dei due antifascisti. I due presero la fuga, ma mentre Ricci riuscì ad eclissarsi, Demos fu abbattuto con una raffica di mitra. Il suo antifascismo non riuscì a diventare lotta di Liberazione, ma l’esempio della sua scelta di parte sopravvisse, andando ad animare la lotta di tanti partigiani emiliani. L’11 settembre una folla incalcolabile partecipò ai funerali del primo caduto della Resistenza modenese.

Questa, soprattutto perchè ci avviciniamo ad aprile, è una memoria che fa ancora paura. Perchè Demos non era un eroe, un superuomo, un aristocratico guerriero votato alla guerra e alla morte, come amano dipingersi i fascisti.
Demos era un semplice operaio, un ragazzo del popolo, cresciuto tra la fatica del lavoro e con la dignità dei ribelli, che non ha mai dimenticato la lezione di suo padre. Ripudiando l’indifferenza e l’apatia, non si è mai piegato all’ingiustizia, all’oppressione e alla violenza legalizzata rappresentati dal fascismo e dai suoi sgherri. Anzi. In carcere ha letto libri e ascoltato racconti, si è formato come uomo e ha imparato a sognare più forte, insieme ad altri come lui.

Di fronte alla storia di Demos ci sentiamo piccoli. Era solo un ragazzo, come noi, che ha dato la vita per quegli ideali di uguaglianza, solidarietà e riscatto collettivo che oggi vorrebbero spazzare via insieme alla nostra storia, la storia di chi non rimase a guardare e decise di resistere, cambiando un finale che sembrava già scritto.

Oggi, spetta a noi sognare con forza come fece Demos.
Combattere la paura e l’indifferenza.
Resistere e lottare contro il nuovo fascismo.
Insieme.